Leone Podrini

Il mondo contemporaneo è ossessionato dal permanente bisogno di carpire l’attimo fuggente e caricarlo di eternità attraverso la trasformazione del rito in personale partecipazione.
L’uomo contemporaneo si rende conto che è possibile manipolare non solo il mondo fisico ma anche quello degli oggetti, delle idee, delle immagini, dei pensieri.
Scopre che si può programmare l’obsolescenza delle cose e che basta modificare lievemente, ad esempio, il rivestimento esterno degli oggetti d’uso, per indurre la gente a sostituirli secondo un ciclo di cambiamenti che non modifica la struttura degli oggetti stessi, ma solo la loro superficie.
E’ ormai certo che l’ambito del provvisorio non è più così facilmente individuabile come in passato, ed è altrettanto certo che il susseguirsi incalzante di nuovi parametri culturali fa sentire l’uomo moderno instabile, privo del rassicurante senso di continuità della sua evoluzione culturale, lasciandolo fluttuare fra un passato di cui manca la piena comprensione e un futuro incerto. Nasce allora la necessità, abbastanza caratteristica del nostro tempo, di rallentare il consumo delle cose o la transitorietà delle esperienze, per cercare di recuperare un mondo che cambi più lentamente, nella speranza di capirne meglio il significato.
Ma qual è il tempo a cui riferirsi?
Quello che conosciamo è per sua natura relativo, incostante, deludente, repentinamente mutevole, apparente…..effimero, come effimero è il tempo di una vita che, nel suo rapporto con l’eternità, è paragobabile a una goccia che cade, pur con la sua incredibile capacità di consentire lo svolgersi di una sequenza così complessa di eventi, sensazioni, sentimenti, gioie, dolori…. che sono la vita e la morte.
A volte, la sensazione più intima è che il mondo, come il tempo, sia un’apparenza. Probabilmente un giorno accadrà che i dubbi spariranno, le sensazioni saranno certezze e allora tutto si aggiusterà come in un gioco perfetto di incastri…..Ma forse non è così.