• I GIARDINI PUBBLICI

    Leone Podrini

    A ben pensarci, non abbiamo a Pesaro il giardino pubblico, quello classico al centro della città storica dove vanno le persone anziane e le mamme con i bambini.
    Abbiamo i giardini della stazione, con Garibaldi che osserva i rari utenti dal suo alto piedistallo, ma sono brutti e sporchi, attaccati all’ospedale con il via vai continuo delle ambulanze che non ti trasmettono certo serenità e rilassamento.
    Per la maggior parte sono anche interrati rispetto al livello della strada e questo non ne favorisce l’uso per il timore di essere importunati senza che qualcuno se ne accorga.
    Poi abbiamo alcuni giardini, molto piccoli in verità, nella zona mare, ma quelli si possono usare solo in estate, con la bella stagione, perché in inverno sono molto esposti al vento e alle mareggiate.
    Abbiamo anche un quadratino di verde nello spigolo fra viale don Minzoni e Rocca Costanza ma, oltre alla statua di “teston Mamiani”, ci si sta in altri quattro.  
    Si dice che in un’epoca che appare votata all’affermazione di specialisti e particolarismi, il giardino pubblico non costituisce oggetto separato per aride sperimentazioni ma luogo aperto, fisicamente e concettualmente, alle problematiche dello spazio contemporaneo. Nella città e nei suoi  spazi pubblici, il giardino viene attraversato da una pluralità di punti di vista dagli esiti più vari ed articolati, in un rapporto tutto da rivisitare e reinventare con essa (la città) e con la natura. 
    Gli spazi verdi dei giardini, infine, sono generalmente scanditi anche da una serie di elementi di arredo che sottolineano il luogo e lo “identificano”, a maggiore conforto dei fruitori.
    Non mi sembra che tutto ciò si ritrovi in quei pochi giardini della città di Pesaro, a prescindere dalla loro dimensione e dalla loro ubicazione.

  • Torna Alle News