• LE LOGGE

    Leone Podrini

     “Le logge” (è così che i pesaresi chiamano i porticati), hanno un ruolo particolare nell’uso della città.
    Nell’età comunale i “coperti” erano per lo più dislocati davanti alle residenze nobiliari, anche se non mancavano esempi di portici appartenenti a parrocchie e a comunità. Nel primo caso si configuravano come spazi intermedi tra palazzo e strada e consentivano il mostrarsi dell’”otium” patrizio alla città; nel secondo caso, costituivano luoghi di particolare condensazione della vita collettiva.
    Trascurati dalla storia dell’architettura e della città, questi spazi sono invece riprodotti dalla pittura italiana fin dalla fine del ‘200 con le “annunciazioni” e come luoghi per eccellenza dell’incontro e del comunicare, come spazio di dialogo fra interno ed esterno, fra pubblico e privato, appartenente sia alla casa che alla strada.
    Questo concetto è stato quasi del tutto rimosso dalla città moderna; invece il miglioramento della qualità residenziale è un aspetto della cultura urbanistica di tutti i giorni e lo spazio del portico è un esempio significativo della quotidiana configurazione degli spazi intermedi che si allargano attorno all’alloggio e alla casa.
    Il portico è ancora una superficie privata, ma da considerare già come pubblica e utilizzabile socialmente, oppure è pubblica ma a poco a poco rivendicata come privata. Un aspetto della partecipazione sociale alla vita pubblica,….. o una pretesa di appropriazione privata dello spazio pubblico: comunque, una funzione residenziale in senso stretto.
    Il portico è dunque vissuto come punto di incontro, come spazio intermedio che non è né completamente pubblico né completamente privato, ma semmai espressione visibile della qualità di vita di un quartiere: il luogo comune in senso allargato, il tramite fra la parte visibile degli  ambiti residenziali e la rete di relazioni invisibili che si stende fra abitanti e utenti di un quartiere.
    Credo che solo per i pesaresi non sia così. Per i pesaresi “le logge” non sono spazi di relazione, punti di incontro.
    I pesaresi evitano il loggiato perché sotto di esso si sentono oppressi, hanno bisogno del cielo sopra la testa, non lo usano, non si fermano a parlare.
    E poi, c’è "loggia" e "loggia".
    Quella sotto il Comune è da evitare perché “identifica”, ti connota in un ambito politico anche tuo malgrado, ti dà l’impressione che non sia di tutti ma solo di pochi eletti, un’appendice della residenza comunale che i cittadini comuni non possono contaminare. E infatti, questo spazio, è per lo più vuoto.
    Solo alcuni si fermano al suo coperto, ma solo nel tratto tra il giornalaio e il marciapiede dell’ex bar Capobianchi: più defilato, neutrale e quindi meno compromettente.  
    Quella sotto la Prefettura è troppo austera, rialzata dal livello della Piazza e quindi scomoda, tuttalpiù utilizzabile solo per sedersi sui suoi gradini. E questo, forse, dà ad alcuni la sensazione di dissacrarla e l’illusione di contestare il potere costituito.
    Quella di via S. Francesco è brutta, discontinua e quando piove ti costringe ad aprire e chiudere l’ombrello per tre o quattro volte, con un pavimento in gomma consumata e sporca, buia perchè gli occhi delle vetrine, che per lo più appartengono alle banche, sono prevalentemente spenti. Uno spazio da attraversare senza fermarsi a sostare, invaso dalle biciclette e penalizzato dalla concorrenza della accogliente Piazza del Popolo sulla quale sbocca.
    Quella del Corso XI Settembre, infine, è stretta, con la vista della strada impedita dalle auto in sosta cosicchè hai l’impressione di camminare in una galleria.
    Anche questa è male illuminata, priva di elementi di attrazione, non conciliante e neanche intrigante.
    Come spazio di relazione, i pesaresi preferiscono dunque la strada e questa abitudine investe in misura diversa e con diverse conseguenze la dimensione collettiva e quella individuale dello spazio urbano che diviene il luogo della massima concentrazione dei comportamenti collettivi.
    I pesaresi, almeno quelli che conosco e che frequentano il Centro Storico, non hanno percepito tutte le mutazioni negative intervenute nell’uso e nelle caratteristiche morfologiche di un elemento costitutivo dello spazio urbano quale è la strada. Ho l'impressione che, per loro, questa è rimasta un canale portatore di un flusso animatore generatore di relazioni e, come tale, la vivono e la usano evitando regolarmente “le logge”.

     

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