• USO E ABUSO DEL PASSATO

    Leone Podrini

    Ognuno di noi sa perfettamente che non sono ripetibili gli avvenimenti del passato anche se, molto spesso, certe relazioni fra i processi sociali, le necessità di vita e il senso dei comportamenti umani, possono indurci a intravedere riferimenti e coincidenze di aspetti con certe situazioni in determinati contesti.
    Nell’architettura in special modo, nonostante le nuove tecniche costruttive, le nuove tecnologie, i nuovi materiali e i nuovi sistemi automatizzati per determinare le scelte progettuali, il legame con la tradizione rimane ancora notevole e, dalle origini a oggi, i suoi contenuti di storicità non mutano sostanzialmente quasi a significare che essa ha in sé delle “costanti” che in qualche modo ne garantiscono la continuità nonostante il cambiamento.
    E se in una realtà come quella attuale, così fortemente caratterizzata da sistemi di vita che si reggono su modelli e ritmi profondamente diversi da quelli di un passato anche recente, la ricerca di queste costanti rientra ancora nell’approccio progettuale di  molti architetti, ciò ha certamente un significato che vale la pena di ricercare.
    E non solo per l’assoluta necessità di riportare la qualità al più alto livello possibile, ma anche per rifondare regole, ristabilire convenzioni e determinare modelli in grado di provocare la rinascita del discorso architettonico in generale.

    Il significato e la comprensione del passato

    La storia, come disciplina, non ha sempre conosciuto momenti di gloriosa riconoscenza: è falsa, si diceva, pericolosa e necessariamente interpretata perché costituita da una massa inestricabile di dati che non sono esattamente tramandati.
    Per renderla intelleggibile, è necessario “organizzare” tali dati e articolarli attorno ad alcuni avvenimenti chiave con il rischio di incorrere in errori di trasposizione e di interpretazione.
    Il mito é la vera fonte da cui possono scaturire gli elementi della tradizione e le regole di vita; solo il mito può rendere comprensibile il passato e operare le scelte che definiscono i comportamenti, gli usi, i riti, le norme etiche e le convinzioni religiose traducibili in saggezza e modelli esistenziali.

    La storia non si comprende arrestandosi alla narrazione esteriore dei fatti, ma penetrando più a fondo: filologia e filosofia sono inscindibili.
    La filosofia ci fa vedere l’ultima radice degli eventi della natura umana; l’uomo è artefice della storia e nella storia si rivela tutta la sua  grandezza che non è solo ragione ma anche sentimento e fantasia.
    Il passato consiste in una quantità di singoli eventi e ciò che passa è storico in quanto non muore del tutto, ma vive nel presente; il valore attuato nel passato rimane presente e alimenta il futuro.
    Per l’uomo moderno il significato della storia è ciò che dà forma a buona parte della vita; il passato non è interessante per sé stesso, ma per il desiderio che suscita di spingersi fino alle cause prime, di scoprire perché accadono le cose, con quali meccanismi si evolvono e ciò che originariamete le genera.
    L’uomo moderno è spinto da un interesse definito, empirico verso gli scopi e le fruizioni che hanno determinato l’evento storico, istintivamente diffidente di fronte all’astratto, al metafisico, perfettamente consapevole che la storia contiene la verità.
    Ma a cosa serve lo studio e la conoscenza del passato; quali sono i motivi, se ve ne sono, che giustificano la sopravvivenza dell’eredità del mondo antico in una società totalmente diversa, che ha un concetto dell’uomo completamente differente.
    A questa domanda non si è ancora data una risposta soddisfacente.
    E’ ormai riconosciuto il legame della società con il suo passato e il contributo di questo alla comprensione di quella con modi che differiscono dalle vecchie tecniche del mito: ciò che non è chiaro, è quanto del passato va riferito al nostro tempo storico e come.
    Il rifarsi alla storia non significa solamente riconoscere o descrivere ciò che un particolare evento ha prodotto in quel particolare momento e in quel particolare contesto.
    Così facendo l’uomo si comporterebbe in modo totalmente inutile in relazione all’utilità dell’insegnamento storico, accettando gli avvenimenti senza valutare la tradizione e le possibili  trasformazioni della condizione storica attuale tramite questa.
    La storia va invece considerata da un lato nella cronologia dei suoi fatti per acquisire conoscenza delle cause, della circostanze e dei modi che li hanno prodotti. Dall’altro, valutando i possibili fenomeni di relazione con il nostro  momento storico per ricavarne una guida per scelte politiche future o per dare coesione e senso di finalità alla società.

    Ciò che serve, è un esame critico che consideri la storia in una visione contemporanea che fuoriesce dall’ambito culturale in cui è nata, al di fuori della eterotopica collocazione degli avvenimenti nelle diverse realtà temporali, con il fine ultimo di capire e spiegare il  mondo contemporaneo nel quale viviamo, non più ostacolati dall’assenza di un’idea di progresso o dalla presenza di dottrine primitivistiche.
    Tutto questo vale principalmente per l’arte in generale e per l’architettura in particolare perché le sue origini sono legate a quelle dell’uomo e sono quindi storiche.
    La storia dell’architettura si svolge attraverso un percorso ancorato alla “pietra” e a ciò che la pietra ci ha tramandato attraverso le costruzioni, i monumenti e le opere d’arte più o meno intatte che ci sono arrivate. E anche se l’opera d’arte, rispetto alla storia, alla letteratura o alla musica è senza tempo perché si pone alla nostra percezione come qualcosa che accade nel presente - nel quale si inserisce addirittura determinandone lo sviluppo come avviene per una città in espansione attorno al suo nucleo centrale -, pur essendo sottoposta alla continua sperimentazione di chi la usa o la osserva, va tuttavia valutata, anch’essa, nel rapporto fra il suo tempo storico e il tempo storico attuale.  
    La relazione più importante quindi, anche se la meno facilmente determinabile dal punto di vista sia teorico che operativo, è quella fra l’oggetto architettonico con il quale ci confrontiamo nell’attuale e il suo riferimento storico, fra il processo evolutivo in corso nel quale lo consideriamo e quello ormai esaurito nel quale si è trovato.
    “Dal neoclassicismo in poi, lo sviluppo della creatività architettonica è accompagnato da una metodica critica del passato ed è culturalmente incomprensibile senza di essa” diceva Bruno Zevi e considerare l’opera in sé, quindi, sarebbe unicamente un’operazione filologica in netta separazione con il nostro presente; e parlare di rinascimento, barocco o neoclassicismo ponendosi all’interno di uno di questi periodi per riproporli come modello fine a sé stesso, sarebbe porsi al di fuori della storia privilegiando il loro potere mitopoietico alla loro capacità di stimolare la soluzione di problemi ancora aperti.
    E’ ormai ampiamente riconosciuto dalla cultura del nostro tempo che l’interesse per il passato e l’utilità del suo insegnamento attraverso la valutazione della tradizione devono contribuire non solo a formare una coscienza dell’antico, ma a individuare le possibili trasformazioni in grado di risolvere il problema urgente dell’ architettura attuale.

        

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