• L'INFLUENZA DI ALDO ROSSI

    Leone Podrini

    Le architetture di Aldo Rossi sono quelle che, più di altre, influenzano i miei dipinti. Non che le condivida o che siano “il riferimento” del mio lavoro di architetto, ma quelle architetture mi affascinano, le trovo capaci di trasmettere sensazioni traducibili in un quadro.
    Quando nel 1979 ad esempio, in occasione della prima mostra di architettura alla Biennale di Venezia, mi era apparso il suo “Teatro del mondo” ancorato nella laguna, era stata una vera e propria emozione. 
    Sebbene fosse un’architettura “nuova” nel contesto generale, l’avevo immediatamente percepita come una immagine veneziana perché, anche se autonoma, si collocava come un volume perfettamente inserito e integrato alla forma dei monumenti della laguna.
    Il suo essere sull’acqua, gli conferiva lo stesso millenario rapporto che tutta la città aveva con il mare; il legno e i tubi di ferro con i quali era costruito, erano gli stessi delle barche e delle navi che per Venezia erano ovvie come ovvio era divenuto, per questo, egli stesso.
    Legato al cielo di cui riprendeva i colori con il suo tetto azzurro, richiamava alla mente le abitazioni fluviali delle città gotiche o i barconi dei cortei principeschi che solcavano le acque del Canale tra il Cinquecento e il Settecento; e osservato avvolto nella nebbia mentre galleggiava al centro della laguna, si caricava di una struggente irrealtà che quasi ne metteva in dubbio l’esistenza.
    Una volta entrato, avevo subito notato che il suo spazio interno captava continuamente la città attraverso le finestre aperte ai diversi livelli, cosicchè lo spazio scenico si allargava fino a coinvolgere tutta l’architettura della laguna.
    Quell’edificio “segno” per eccellenza, secondo Vincent Scully “puro come il castello di un bambino”, era stato così descritto da Amadeo Belluzzi: “Questa epifania architettonica di legno e tubolari di ferro….è un teatro mobile ed effimero, che naviga mari e lagune, si ormeggia alla Salute e prima di sollevarsi come è destino delle magiche epifanie, si allontana verso la costa dalmata, verso l’oriente da cui Venezia ha tratto origine e linfa.
    Il teatro di Rossi era una realizzazione mobile, inequivocabilmente effimera, ma i messaggi alternativi emessi da quell’ incredibile “oggetto”, travalicavano gli ambiti della grande finzione per divenire espressione concreta di una poesia unica e forse irripetibile.
    E tutto questo, è ciò che può essere trasferito in un quadro.

     

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