• QUANDO DIPINGO

    Leone Podrini

    Quando dipingo sento, prepotente e più che in ogni altro momento nella vita, il bisogno di una realtà diversa da quella che ho vissuto; una realtà virtuale che si può raggiungere solo attraverso l’immaginazione e la simulazione.
    Non si tratta della ricerca esasperata di soluzioni esistenziali dominate dall’utopia e dal sogno, o del ritorno, oramai impossibile, a sistemi di vita non contaminati dalla ricerca ossessiva del tornaconto personale come unico obiettivo degno di essere perseguito.
    Il mio, è un disagio esistenziale caratterizzato dalla insoddisfazione, dal rimpianto per ciò che avrei voluto fare ma non ho fatto e che, da ora in avanti,  non potrò più fare per “raggiunti limiti di età”.
    Mi chiedo se sarebbe stato meglio convincermi che non era più possibile continuare nella difesa a oltranza del mantenersi liberi e procedere adeguandosi alle contrapposizioni, ai conflitti di opinione, ai contrasti di sistema, ai personalismi, alle sopraffazioni, alla ricerca del potere esclusivo come ogni giorno avviene in questo mondo dove, per ricevere, devi dare in assonanza con il potere dominante.
    Forse, così facendo, avrei avuto maggiori occasioni che mi avrebbero consentito di esprimere al meglio la mia idea di architettura dedicandomi ad essa come quando lavoro a un quadro, con le stesse sensazioni, le stesse intime soddisfazioni che invece mi sono mancate per aver scelto di essere un architetto “non allineato”.
    Per essere libero, mi è rimasta solo l’arte, perché solo quando dipingo sono fuori da ogni recinto di forma e da ogni condizionamento intellettuale e provo sensazioni che possono essere descritte con parole come serenità, senso di appagamento, piacere, voglia di fare.

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