• TORRI PANORAMICHE, FESTIVAL DELLA PIZZA, GIARDINI VERTICALI ...... E TURISMO

    Leone Podrini

    Pesaro, è o non è una città turistica?
    E se decidiamo che lo è, che tipo di offerta turistica ci offre? Di che qualità?
    E ancora: la qualità e la conseguente capacità di attirare turisti sono migliorabili?
    Domande annose, ancora senza risposte serie e convincenti.
    Allo stato attuale, alla prima domanda possiamo rispondere “ni”.
    Alla seconda domanda, sempre allo stato attuale, possiamo rispondere che se chi deve concretamente occuparsi di questo importante aspetto dell’economia e dello sviluppo della nostra città pensa che siano sufficienti una torre panoramica girevole, qualche lanterna nelle vie del centro storico, i futuri e utopici “giardini verticali” di via Passeri e altre iniziative simili per trasformare la città di Pesaro in una città turistica, vuol dire che l’idea di turismo di chi ci governa, è quella legata alle sagre paesane e ai festival della pizza alla rossini; e allora, se così è,  amen.
    Per rispondere alla terza domanda, che è poi quella più importante, occorre invece un approccio al tema più approfondito sia nel metodo che nella dimensione filosofica, tenendo conto che quello del turismo è un tema non facile, che va oltre la semplice dimensione della vacanza o del viaggio perché investe e influenza positivamente o negativamente il processo sociale.
    Con il turismo, le persone si incontrano e le diverse culture si intrecciano, si confrontano e si evolvono scambiandosi esperienze e metodi di approccio alla soluzione delle problematiche che investono ogni comunità e il suo ambito territoriale. Ad essere coinvolte e trasformate, sono la vita associativa delle persone e le città o i territori nei quali queste risiedono e lavorano. 
    Come sostiene Dal Bò, “per ogni viaggio esiste probabilmente un problema sociale, e per ogni problema sociale c’è probabilmente almeno un’etica che rispetta l’umanità e i suoi valori universali”.
    Pensare dunque di affrontare il tema del turismo allineandosi al contesto culturale dominante nella nostra città che propone ancora il governo del territorio secondo una concezione esclusivamente “normativa” dello spazio -ovvero secondo criteri di scelte concepite con l’intento di imporre ordine e comportamenti ritenuti univocamente ottimali-, ci porterebbe a concludere che, per risolvere il problema, sarebbe sufficiente ricorrere a modelli specifici derivanti da formule e cliché che qualcuno, da qualche parte, ha già scelto e deciso.
    Esiste insomma un problema di metodo che, sia pure riferito o limitato a una problematica specifica come quella della vocazione turistica di una città o di un contesto territoriale più ampio, deve invece avvenire tenendo conto di altri aspetti fondamentali quali:
    •   Il ruolo del turismo nell’economia della città e il suo inserimento in un piano generale che assuma come ordinamenti progettuali i nuovi concetti di spazio che derivano dalla diversa attenzione a cui viene sottoposto il territorio oramai quasi completamente urbanizzato.
    •   La presa d’atto che l’odierno proporsi di un territorio è conseguente a una sommatoria di elementi che prendono corpo dalla complessità storico-culturale sulla quale quel territorio si è sviluppato.
    •   La problematica del turismo da affrontare ponendola a confronto col suo intorno e definendo lo spazio generatore di “eventi” per riqualificare il luogo, anche in vista di un suo auspicabile e consistente incremento che è, fra le industrie trainanti della Regione, quella maggiormente ampliabile.
    •   La ricerca delle “azioni” da attuare in netta controtendenza con la cultura urbanistica degli ultimi anni che si è concentrata sulle singole parti senza occuparsi del riordino dell’intero territorio urbano ed extraurbano anche a fini turistici.
    Un destino, quest’ultimo, a cui non è sfuggita neppure la nostra città che però può ancora fare affidamento su una realtà non compromessa a tal punto da renderne complessa la riqualificazione, anche in vista di un auspicabile presa d’atto della necessità di rilanciare il nostro turismo con visioni più allargate rispetto a quelle della celebrazione del rito proprio, appunto delle sagre paesane (con tutto il rispetto per queste che però, coerentemente e dichiaratamente, non hanno la velleità di essere determinanti per risolvere il problema del turismo in generale o quello della città di Pesaro in particolare). 
    Continuare a riconoscere come esaustivi gli esercizi di stile che vengono regolarmente definiti fuori dai reali confronti con la città, significa ignorare o non riconoscere i principali elementi di vitalità urbana (definiti RETI dal moderno linguaggio architettonico) che generano eventi e l’intreccio di RETI diverse che definiscono i NODI della città contemporanea, intesi come elementi di qualificazione di tutta la città o di una sua parte estesa.
    Nella città storica i NODI erano la secolare stratificazione delle piazze che accoglievano gli edifici del potere e del culto, gli spazi del mercato e quelli dell’amministrazione della giustizia.
    La città contemporanea conferma ovviamente il valore strategico di questi luoghi, ma le continue trasformazioni del territorio, della società e di noi stessi, la necessità irrinunciabile di comunicare, condiziona lo svolgersi della vicenda urbana modificando tangibilmente non solo i caratteri fisici della città, ma anche i caratteri più intimi dello spazio e della sua concezione.
    Anche la problematica del turismo va perciò affrontata ponendola a confronto col suo intorno e definendo lo spazio generatore di eventi.
    Se una città o un luogo a vocazione turistica si pone il problema di una visione globale del proprio tessuto, dove gli elementi principali che lo compongono divengono le reti generatrici di eventi, significa che si è posta il problema di verificare come il recupero o il potenziamento del turismo possa rappresentare, anch’esso, la contemporaneità che tende all’innalzamento della qualità della vita e dell’economia cittadina non occupandosi semplicemente delle necessità contingenti, ma generando nuovi bisogni.
    Assume dunque rilevanza strategica la ridefinizione del settore turistico della nostra città e dei suoi possibili ambiti di sviluppo, secondo questo processo di trasformazione (o di nuova strategia di programmazione) e l’autentica modernizzazione del modello applicativo sta, prima di tutto, nella verifica delle interconnessioni programmatiche che consentono di puntare a un più razionale e produttivo sviluppo del settore.
    Si tratta, insomma, di costruire un “segno” riconoscibile, un elemento ordinatore che definisca un ruolo esclusivo dell’offerta turistica pesarese superando la riduttiva e inutile teoria della riqualificazione affidata a costose quanto inefficaci operazioni di restyling della zona mare o alla trasformazione del centro storico in un effimero contenitore di avvenimenti improvvisati e privi di un filo conduttore programmato e caratterizzante.
    Gli “effetti speciali” non servono; sono solo mezzi per ottenere consenso facile, fine a sè stesso, ricerca esclusiva del riscontro popolare a fini elettorali facendo affidamento su quelli che si accontentano del fatto che “comunque qualcosa si fa”.
    Il vero atto rifondativo è quello che pone il nodo turistico al centro di un sistema più complesso di riuso del territorio, capace di divenire punto di aggregazione tra i diversi sistemi urbani e che nasce sotto il segno della complessità.
    Purtroppo, il persistere dei tradizionali metodi di pianificazione territoriale, questa urbanistica decisa a tavolino che produce unicamente impossibilità di procedere secondo sequenze programmatiche di integrazione strutturale fra le attività insediative e produttive, ha ridotto il settore turistico della nostra città a una sequenza sconcertante di occasionalità, di improvvisazioni e di tolleranti prese d’atto, facendolo sopravvivere solo in virtù delle caratteristiche strutturali e organizzative in cui è nato e si è consolidato.
    Basato sulla piccola impresa a conduzione prevalentemente famigliare, il turismo pesarese si è dovuto ritagliare la propria fetta di mercato con strutture nelle quali la rigida e limitativa normativa vigente negli ultimi anni ha impedito qualunque intervento edilizio tendente a migliorarne la qualità.
    Unico episodio relativamente recente in grado di modificare la situazione, si sarebbe potuto considerare il progetto “Italia 90” che, avviato come occasione in grado di modificare la qualità delle strutture ricettive anche attraverso forme associative e consortili che potessero aumentarne l’economia di scala ed il ricorso all’innovazione non solo con risparmi di esercizio e maggiore efficienza dei servizi, ma anche con l’accesso diretto ai più grandi circuiti nazionali e internazionali di promozione e commercializzazione, si è in realtà dimostrato ininfluente nella proposizione della nuova sfida turistica che dovrà essere impostata per il prossimo futuro.
    E ciò ovviamente, oltre che per la parzialità dell’intervento, soprattutto per la mancanza di una contemporanea presa d’atto del problema da parte dell’Amministrazione Comunale che avrebbe potuto approfittare dell’occasione per impostare un piano del turismo più generale, serio e incisivo.
    Che fare allora?
    Preso atto che la città di Pesaro presenta una primaria e naturale vocazione turistica per la sua collocazione costiera ai limiti meridionali di un “bacino turistico” di rilevanza europea e per la sua tradizione storico-musicale con le manifestazioni ad essa collegate; stabilito che il bacino in questione è delimitato da un triangolo ideale i cui vertici sono costituiti a nord da Cervia - Cesenatico lungo la costa adriatica, ad ovest dalla Repubblica di San Marino e a sud da Pesaro e, allargando il quadro territoriale a un “sistema” più ampio che confronti le caratteristiche morfologiche organizzative del comprensorio pesarese con quello romagnolo a nord e con quello a sud di Ancona, ci si rende conto che il nostro litorale assume connotazioni del tutto prive di identità autonoma, non ben definite, in quanto non si propone né con le caratteristiche dei centri di Bellaria, Rimini, Riccione e Cattolica - impostati verso un turismo di massa, con forte componente ludica, da parchi tematici (ai quali per altro cerca di ispirarsi)- e neppure con il litorale di levante che, da Senigallia, culmina con il rilievo del Conero e si spinge fino al Gargano in una cornice paesaggistico-naturalistica di assoluto rilievo.
    Se a tutto questo si aggiunge che per la realtà pesarese, a differenza di quella romagnola, il turismo non rappresenta il settore trainante dell’economia cittadina, è facile rendersi conto che, così com’è, l’offerta pesarese risulta non competitiva, ridotta a captare utenze in prevalenza cittadine o al massimo extracittadine, ma con quote di stranieri non paragonabili in termini percentuali con quelle della Romagna o del cosiddetto “sperone d’Italia”.
    Il sistema pesarese così concepito, senza significative inversioni di tendenza che non possono tradursi in occasionali, improvvisate ed estemporanee manifestazioni folcloristiche, non può quindi proporsi come un sistema autonomo, autosufficiente, dominante, caratteristico, alternativo ed economicamente produttivo.
    E poiché non è possibile che il cambiamento avvenga orientandosi verso i modelli confinanti, occorre che la diversità derivi dalla ricerca di una caratterizzazione in grado di rappresentare unicità, attrattiva e contrapposizione specialistica alle altre realtà citate.
    Esiste una immagine delle Marche che è ormai consolidata in Italia e all’estero, contraddistinta da un’armatura urbana particolarmente interessante per consistenza demografica e presenza di funzioni caratterizzanti, con la fascia costiera nella quale emergono le conurbazioni di Pesaro e Fano, la fascia collinare retrostante caratterizzata da insediamenti diffusi e frammentati con al centro Urbino e l’area del Montefeltro, con numerosi centri e nuclei ravvicinati che conservano quasi intatti i segni del proprio passato legato alle lotte fra i Montefeltro di Urbino e i Malatesta di Rimini, con castelli, rocche, torri, conventi e pievi nei quali si possono ammirare affreschi, pale, crocifissi e tele di epoche e scuole diverse.
    Accanto alle testimonianze artistiche e monumentali, ci sono laghi e fiumi per gli sport acquatici; boschi, valli, colline e montagne attrezzate per lo sci; il tutto arricchito dal complesso termale di Macerata Feltria, che offre i benefici delle acque termali conosciute fin dall’antichità e delle varie cure in esso praticate.
    E’ dunque questa fortissima componente storico-culturale che contraddistingue il sistema interno marchigiano in generale e pesarese in particolare la caratteristica su cui puntare, ovviamente in un progetto organico di riequilibrio del sistema costiero – e quindi della città di Pesaro - da considerare  come testata conclusiva dell’entroterra storico, che ne rappresenti il contrappeso naturale in grado di dare corpo e consistenza alla invenzione di un sistema unico che, con la rilevanza numerica e artistica degli elementi architettonici presenti in tutta l’area, il mare, il sole, il verde dei colli, la musica di Rossini e le tradizioni popolari, divenga il terzo polo del sistema turistico costiero dell’Adriatico.
    Non soluzioni episodiche e a tempo limitato, dunque, ma azioni proiettate verso il futuro e contenute in un disegno generale complessivo con obiettivi definiti, condivisi e programmati in grado di produrre l’innalzamento della qualità e il superamento del provincialismo che, sempre di più,   caratterizza l’offerta turistica della nostra città.
    Una per tutte: il pupo carnevalesco di Rossini trasportato via mare da Fano a Pesaro con grande enfasi e lasciato per giorni alla palla di Pomodoro, "esposto" ai concittadini che sorridevano guardandolo, ma certo non per ignoranza o irriverenza; un pupazzo di carnevale non può che essere giudicato per la sua capacità di suscitare ilarità nel pubblico.
    Irrispettoso e con il buon gusto sotto i tacchi, chi ha pensato di utilizzarlo fuori dal contesto della baldoria carnevalesca e, fatto ancora più grave, nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario della morte del grande maestro.  

     

     

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